Branchie

«È la vita, che mi grava addosso. È tutto. È quello che dovevo fare e non ho fatto. Sono le cose che ho cominciato e non ho mai finito. Le lezioni di pianoforte. La bocciatura in secondo liceo. È mia madre che mi dice non ti capisco»

Citazione tratta da Branchie di Niccolò Ammaniti

 

La vita sembra gravare addosso a Boris Johnson, alla maniera descritta da Niccolò Ammaniti, con tutto quello che doveva fare e non ha fatto. Come la sospensione del Parlamento voluta dal premier lo scorso agosto, ma stoppata in questi giorni dalla Corte Suprema britannica che, all’unanimità, l’ha giudicata illegale. Una sonora bocciatura – anche se in questo caso non siamo più al liceo – contro un provvedimento che aveva scatenato immediatamente le proteste delle opposizioni, perché considerato un bavaglio alle forze che vogliono impedire l’Hard Brexit, ovvero l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea senza accordo. Un ulteriore colpo alla linea Johnson, che punta a separarsi dall’UE a qualsiasi costo. Una volta resa pubblica la scelta della Corte, il 24 settembre, la sterlina è tornata ad apprezzarsi. Gli operatori vedono infatti diminuire le probabilità di No Deal tra Londra e Bruxelles. La Brexit, comunque, sembra ormai diventata una telenovela; Johnson ha promesso di portarla a termine entro il 31 ottobre: anche questo progetto rientrerà in quello che doveva fare e non ha fatto?

Dal Vecchio Continente, intanto, arrivano nuovi dati macro. Le stime flash degli indici Pmi hanno evidenziato un calo del settore manifatturiero nell’Eurozona a 45,6 (da 47 ad agosto), ovvero la più debole espansione della produzione manifatturiera e terziaria da giugno 2013. In flessione anche il Pmi servizi, che scende a 52 da 53,5 ad agosto, ai minimi da 8 mesi. Facendo uno zoom sulla Germania, bisogna segnalare il peggiore calo da oltre 10 anni del Pmi manifatturiero, a quota 41,4 punti dai 43,5 di agosto (contro i 44,2 del consenso).

Pubblicato anche l’indicatore di fiducia delle imprese tedesche che, a settembre, è salito dopo una serie di cali mensili. Il dato è aumentato a 94,6, poco sopra le attese di 94,4, contro il risultato di agosto di 94,3. Ma l’istituto Ifo, tuttavia, ha specificato che si tratta di una pausa nella flessione e che l’outlook per i prossimi mesi è poco rassicurante.

Gli investitori sono ora in attesa dell’intervento di questo pomeriggio del presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi. Settimana scorsa aveva affermato che il rallentamento della crescita dell’area euro è «superiore a quanto avessimo previsto in precedenza», a causa della «debolezza del commercio internazionale in un ambiente di persistenti incertezze legate alle politiche protezionistiche e ai fattori geopolitici».

Dall’altra parte dell’Oceano, negli Stati Uniti, la vita sembra gravare addosso al presidente Donald Trump. La speaker della Camera, Nancy Pelosi, ha infatti annunciato l’avvio di un’indagine per un possibile impeachment dell’inquilino della Casa Bianca. L’accusa è quella di aver cercato l’aiuto del presidente ucraino, Volodimir Zelenskij, per infangare l’ex vicepresidente, Joe Biden, tra i favoriti nella corsa per la nomination democratica alle elezioni presidenziali del 2020. Trump avrebbe infatti chiesto al suo omologo di fare pressioni per avviare un’indagine contro Biden e il figlio, Hunter, ex membro di una società di gas ucraina. I mercati guardano con attenzione alla vicenda, ma ieri Wall Street ha comunque aperto in lieve rialzo. A sostenere il l’umore degli investitori è stato soprattutto il titolo Nike, balzato in scia alla pubblicazione dei conti del primo trimestre (sia gli utili che i ricavi hanno battuto il consenso).

Gli operatori tengono alta l’attenzione anche sugli sviluppi della guerra commerciale tra Washington e Pechino. Il presidente statunitense, dopo aver detto nei giorni scorsi che non accetterà un «cattivo accordo», ieri ha dichiarato che un’intesa con la Cina sui dazi si verificherà «prima di quanto si possa pensare». Il Paese asiatico sembra invece più cauto, pur mostrandosi intenzionato a rispettare gli interessi americani, ha messo in guardia Washington dal lanciare nuove minacce sul commercio e da possibili interferenze su questioni interne come Hong Kong. C’è da sperare che l’accordo USA-Cina non diventerà, per Trump, una di quelle cose che doveva fare e che non ha fatto.