Dottor Jekyll e Mister Hyde

“È dunque da attribuirsi più all’esigente natura delle mie aspirazioni che a una mia speciale degradazione, il motivo per cui si separarono in me, con un solco più profondo, le regioni del bene e del male che dividono e compongono ad un tempo la duplice natura dell’uomo. Per quanto io fossi preda di un profondo dualismo, le due nature in me coesistevano in perfetta buona fede, ed ero ugualmente me stesso sia quando, sciolto ogni freno, ero immerso nella vergogna, sia quando mi affaticavo a lavorare per il progresso della scienza o per dare sollievo al dolore e alla sofferenza”, da Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mister Hyde di Robert Louis Stevenson.

 

Un giorno Donald Trump è visto come il Dottor Jekyll, il giorno dopo si è trasformato in Mister Hyde. Il neo presidente Usa è coerente con quanto promesso in campagna elettorale. “Smettere di parlare e passare all’azione”, questo era lo slogan. Detto fatto. Appena insediatosi, il real Trump ha firmato una serie di ordini esecutivi su immigrazione (blocco all’ingresso dei rifugiati e sospensione dei visti da 7 Paesi a maggioranza musulmana), misure protezionistiche, rafforzamento dell’esercito, la costruzione del muro con il Messico. Dall’Onu all’Europa, passando per le opposizione interne, si sono levate le barricate. Trump è ora visto come Mister Hyde (il cattivo). Anche Wall Street, che aveva brindato alla sua elezione, spendendo gli indici ai massimi storici si è ribellata. I colossi hi –tech che hanno come mercato il pianeta intero, Apple, Google, Amazon, protestano, i mercati finanziari reagiscono male, il dollaro si indebolisce, torna a salire l’oro.

C’è un Trump che non piace ai mercati, Mister Hyde, protezionistico, e c’è un Trump che i mercati adorano: il dottor Jekyll con le sue promesse per un taglio delle tasse, soprattutto quelle sui capital gain, i piani per il rilancio delle infrastrutture e degli investimenti: per far correre l’economia americana, “America great again”.

Finora abbiamo conosciuto Mister Hyde ma l’impazienza per le promesse fiscali aumenta.  La parte buona di Trump i mercati non l’hanno ancora vista. E una cosa che fa andare in bestia Wall Street è l’attesa, perché si trasforma in incertezza. La reazione all’incertezza è sempre la stessa: acquistare i beni rifugio, ridurre le posizioni lunghe sulle azioni, mentre fibrilla il mercato obbligazionario. L’oro ha così rivisto i 1200 dollari l’oncia mentre Wall Street frena.

Per ora dai mercati non arrivano bocciature nette, troppo presto a fronte di un’impressionante velocità con cui il neo presidente sta mettendo in pratica le promesse elettorali.  Ma fermiamoci un attimo e guardiamo questa situazione riflessa nel nostro specchio, in retrospettiva. Mentre gli Stati Uniti aspettano il Trump buono, le altre economie tremano.

La Real Trump economy, infatti, ha promesso dazi al 20% per le importazioni dal Messico e dagli altri Paesi con cui gli Usa hanno un forte sbilancio commerciale. In primis con la Cina, gli Usa hanno chiuso il 2016 con uno sbilancio di 320 miliardi di dollari. L’anno passato, la seconda economia mondiale ha registrato un calo del 7,7% delle esportazioni verso il resto del mondo.   Pechino è preoccupata: gli Usa assorbono il 18% dei beni cinesi.Promettono di essere tutt’altro che facili anche le relazioni con la Germania con cui gli Stati Uniti hanno registrato nel 2016 uno sbilancio di 59 miliardi di dollari. Per l’economia tedesca, gli Usa sono diventati il primo Paese per valore di beni scambiati, pari a 173,2 miliardi di euro, scalzando lo storico primato della Francia.Peter Navarro, da poco nominato responsabile della Casa Bianca per il commercio internazionale, ha affermato che l’euro così ampiamente sottovalutato, porta grandi vantaggi solo alla Germania. Navarro, al Financial Times, ha rincarato aggiungendo che “l’euro è un marco mascherato a danno dei suoi partner commerciali, europei compresi”.  Dopo le dichiarazioni il dollaro si è indebolito   portatosi a 1,078 sull’euro, sui minimi di dicembre.

 

Lo spettro dell’inflazione

 

Lo strano caso del dottor Jekyll e Mister Hyde tormenta anche l’Europa. Il bene e il male si combattono all’interno del Vecchio Continente confondendosi fra loro. Da una parte abbiamo i Paesi che tornano a conoscere crescita e inflazione, con i prezzi in Germania cresciuti a gennaio dell’1,9% (al massimo da luglio 2013), Francia +1,6% (massimi da novembre 2012) e Spagna +3% (massimi da dicembre 2012) mentre in Italia, (il dato verrà pubblicato domani), l’attesa è un + 0,8%.  La spinta inflazionistica arriva soprattutto dall’estero, in particolare dalla componente energia, come affermato da Mario Draghi, convinto che questa crescita sia solo temporanea.

Il libro di Stevenson termina con la decisione del Dottor Jekyll di suicidarsi per eliminare l’antagonista Hyde. Nel lungo periodo neanche Trump potrà governare con un America divisa mentre l’Europa deve affrontare i suoi forti differenziali di crescita. Nella gestione di un buon portafoglio bisogna sempre aver presente i due lati della moneta: il buono e il cattivo. I dazi aiutano gli Usa ma penalizzano i partner, il ritorno dell’inflazione è un bene se spinto dalla crescita non da fattori esterni. Prima del suicidio meglio trovare l’antidoto, che in questo caso si chiama: diversificazione.