La perfezione degli imperfetti

“Un tempo gli operai non erano servi. Lavoravano. Coltivavano un onore, assoluto, come si addice a un onore. La gamba di una sedia doveva essere ben fatta. Era naturale, era inteso. Era un primato. Non occorreva che fosse ben fatta per il salario, o in modo proporzionale al salario. Non doveva essere ben fatta per il padrone, né per gli intenditori, né per i clienti del padrone. Doveva essere ben fatta di per sé, in sé, nella sua stessa natura. Una tradizione venuta, risalita dal profondo della razza, una storia, un assoluto, un onore esigevano che quella gamba di sedia fosse ben fatta. E ogni parte della sedia fosse ben fatta. E ogni parte della sedia che non si vedeva era lavorata con la medesima perfezione delle parti che si vedevano. Secondo lo stesso principio delle cattedrali.

E sono solo io – io ormai così imbastardito – a farla adesso tanto lunga. Per loro, in loro non c’era allora neppure l’ombra di una riflessione. Il lavoro stava là. Si lavorava bene. Non si trattava di essere visti o di non essere visti. Era il lavoro in sé che doveva essere ben fatto”

“L’Argent” di Charles Peguy

Il lavoro è l’ingrediente principale della quotidianità della maggioranza degli uomini. Sebbene il lavoro “ben fatto” venga spesso predicato, in un mondo di apparenze come quello in cui siamo immersi viene data sempre meno importanza a ciò che accade lontano dai riflettori. L’esigenza di fare del proprio lavoro un’arte ha come origine uno dei desideri più vivaci dell’uomo stesso. La fatica della routine quotidiana viene contrappesata dalla promessa che ogni giorno il lavoro offre all’uomo. Egli infatti, in cambio di sacrificio e impegno, ha continuamente occasione di diventare libero e di salvaguardare la passione che lo rende unico. Che si tratti di un produttore di sedie, di un commerciante di diamanti, di un banchiere o di un liutaio, l’uomo diventa veramente tale, quando attinge al suo bisogno di realizzazione e decide di combattere in nome di un intrinseco ideale di bellezza. Il vero onore non prende cosi vita né dal riconoscimento e dalla stima altrui, né dal denaro, ma si configura come un dialogo sincero tra il lavoratore e la sua opera.

È forse questa la perfezione: non più il lavoro, ma la soddisfazione che scaturisce da esso.

Parlando di ciò che è accaduto durante la settimana, nella fattispecie di cattedrali, l’incendio che ha colpito la cattedrale di Notre Dame ha gettato sgomento tra le folle del mondo intero. Davanti al tetro scenario del monumento più visitato d’Europa scoperchiato ed in preda alle fiamme, quasi nessuno ha potuto rimanere indifferente.  All’indomani dell’incendio, il Presidente Emmanuel Macron ha intrattenuto il popolo francese con un breve discorso, durato appena sei minuti. Il presidente commosso ha fatto un promessa piuttosto impegnativa: «Ricostruiremo la cattedrale in cinque anni, ancora più bella. Ce la possiamo fare». Anche il presidente statunitense Donald Trump, nonostante le peripezie che vanno in onda in questi giorni alla Casa Bianca, ha reagito con gran tempismo non nascondendo la sua nostalgia davanti ad uno shock che ha coinvolto il mondo intero.

La sottoscrizione nazionale annunciata lunedì sera dal presidente francese pare aver attirato non pochi capitali. Si parla infatti di una cifra intorno ai 700 milioni, che verrà messa a disposizione per la ricostruzione della meravigliosa Notre Dame. Tra i donatori principali vi sono in cima la famiglia Pinault, gli Arnault e i Bettencourt-Meyers.

Nel frattempo sui mercati il clima è positivo e martedì in Europa la maggior parte dei listini ha aggiornato i nuovi massimi dell’anno. Il rialzo generalizzato dei tassi del treasury ha reso ancor più ripida la curva dei titoli governativi. L’indice Euro stoxx vede come top performer il settore finanziario, mentre le utilities si guadagnano l’ultimo posto. Le trimestrali ed il loro andamento positivo hanno favorito il buon risultato del settore energetico e vediamo infatti il greggio al rialzo, con un Brent che va a toccare i 72$/b.

Riflettendo sul ruolo del lavoro nella nostra vita si svela una lecita ambiguità.

Lavorare per vivere o vivere per lavorare?

Ognuno di noi sceglie e ricerca il mix che più gli aggrada. Nella constatazione che il lavoro richiede fatica ed impegno, mi sorprendo a pensare che esso possa essere nostro grande alleato: uno strumento che abbiamo tra le mani per costruire tante piccole “cattedrali” con apposta la nostra firma.