Serenità

«La noia è la sensazione che tutto sia una perdita di tempo, la serenità, che niente lo sia»

Citazione tratta da Il secondo peccato di Thomas Stephen Szasz

 

Sembra tornata un po’ di serenità nei negoziati tra Stati Uniti e Cina. E probabilmente il presidente americano, Donald Trump, che in passato ha più volte liquidato le trattive come infruttuose, ha capito che non sono una perdita di tempo. Una situazione che ricalca il pensiero di Thomas Stephen Szasz, anche considerando la serenità con cui l’inquilino della Casa Bianca ha parlato dei rapporti tra le due superpotenze durante il G7 dei giorni scorsi. In mezzo a vari elogi del presidente cinese Xi Jinping, definito «un grande leader», Trump ha riferito di due telefonate fatte da Pechino ai negoziatori americani, definite «molto, molto buone, molto produttive». «Ho grande rispetto per il fatto che la Cina abbia chiamato e voglia fare un accordo», ha poi proseguito il presidente americano, precisando che i colloqui riguarderanno i dazi «più significativi».

Nuove dichiarazioni arrivano anche dal presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, che ha parlato settimana scorsa al simposio delle Banche centrali di Jackson Hole, in Wyoming. L’istituto «resta pronto a sostenere l’economia americana se il rallentamento globale, aggravato dalle ultime evoluzioni sul fronte del commercio e geopolitico, dovesse danneggiare la crescita Usa», ha detto il numero uno dell’istituto. Ma ha anche aggiunto che «l’economia Usa ha continuato ad andare generalmente bene, sostenuta dalla spesa dei consumatori e la creazione di posti di lavoro ha rallentato rispetto al passo dello scorso anno ma resta al di sopra della crescita della forza lavoro. Mentre l’inflazione sembra muoversi in rialzo avvicinandosi al target del 2%».

Dal punto di vista macroeconomico, il dato mensile di agosto relativo all’attività manifatturiera americana è decisamente migliorato; in particolare, l’indice redatto dalla Federal Reserve di Richmond si è attestato a 1 punto dai -12 punti di luglio. Sempre nel mese di agosto, tuttavia, gli statunitensi si sono dimostrati meno ottimisti sull’economia. L’indice sulla fiducia, redatto mensilmente dal gruppo di ricerca privato Conference Board, è diminuito dai 135,8 punti del mese precedente a 135,1 punti. E nonostante siano state superate le previsioni degli analisti, che attendevano un calo a 128,8 punti, continua a mancare la serenità sul futuro. Un quadro confermato dall’ulteriore inversione della curva dei rendimenti dei Treasury, sintomo della preoccupazione relativa al rallentamento dell’economia mondiale.

Passiamo all’Europa, dove la serenità scarseggia e si avvicina lo spettro dell’uscita del Regno Unito dall’UE senza accordo. La Regina Elisabetta ha infatti dato il via libera alla richiesta del primo ministro britannico, Boris Johnson, di sospendere il Parlamento fino al 14 ottobre. Il premier ha così neutralizzato quasi totalmente gli oppositori al No Deal. Questi ultimi infatti avranno pochissimo tempo per tentare di fermare l’hard Brexit con un’eventuale legge. Dopo l’annuncio (ieri), la sterlina ha subito un netto ribasso: i mercati sono spaventati perché l’uscita senza accordo è considerata da molti analisti un disastro per l’economia del Regno Unito.

Dal Vecchio Continente, inoltre, sono arrivati nuovi dati macro: l’indice Ifo tedesco si è attestato a 94,3 punti ad agosto (il risultato più basso dal novembre del 2012), in calo rispetto ai 95,7 punti di luglio e sotto le previsioni del consenso degli economisti contattati dal Wall Street Journal (95,1 punti). A pesare sull’indicatore che analizza il clima dell’attività economica percepita dalle imprese sono il contesto di rallentamento economico internazionale e la guerra commerciale, che frenano l’export tedescho.

Infine, sono stati pubblicati anche i dati Ocse che evidenziano un rallentamento del PIL nell’area durante il secondo trimestre dell’anno: l’aumento registrato è pari allo 0,5%, mentre era +0,6% nel precedente trimestre. Tra i Paesi del G7 la crescita ha frenato bruscamente nel Regno Unito (-0,2% dal +0,5% del primo trimestre).