Il cigno nero

«Se volete farvi un’idea della personalità, della morale e dell’eleganza di un amico, dovete osservarlo mentre affronta circostanze difficili, non nella realtà rosea della vita di tutti i giorni»

Citazione tratta da Il cigno nero di Nassim Nicholas Taleb

 

Il futuro presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, lo ha osservato mentre affrontava circostanze difficili. Il riferimento è indirizzato a Mario Draghi, che da numero uno dell’Eurotower ha dovuto contrastare i molteplici ostacoli e le crisi che hanno colpito il Vecchio Continente nel corso del suo mandato. E – come scrive Nassim Nicholas Taleb – Lagarde si è fatta un’idea della sua personalità, e soprattutto della sua linea politica che, infatti, vuole portare avanti. Lo ha ribadito anche nei giorni scorsi: «L’espansione economica dell’Eurozona ha rallentato di recente e i rischi sulle prospettive di crescita rimangono orientati al ribasso. Di conseguenza è chiaro che la politica monetaria deve rimanere altamente accomodante nel prossimo futuro», ha fatto sapere l’ex direttore generale del Fondo Monetario Internazionale. Non solo: Lagarde ha detto di essere favorevole anche a ridiscutere le regole che fissano i paletti per i bilanci nazionali e alla creazione di uno strumento per aiutare i Paesi che adottano la moneta unica durante i periodi di difficoltà. Relativamente al rallentamento del Vecchio Continente, Lagarde ha spiegato che tra le cause ci sono fattori geo-politici, il riemergere del protezionismo e le vulnerabilità dei mercati emergenti.

«La Bce ha un’ampia scatola di attrezzi a sua disposizione – ha precisato – e deve essere pronta ad agire. Il mix giusto di strumenti da impiegare dipenderà dalla natura degli shock che vanno a impattare l’outlook dell’inflazione oltre che le condizioni dei mercati finanziari». Tra le prossime decisioni di politica monetaria dovrebbe esserci un ribasso di tassi sui depositi overnight (ad oggi già negativi dello 0,4%), e addirittura una riproposizione del Bazooka, ovvero il programma di acquisto di titoli di Stato e corporate.

Nel futuro d’Europa, comunque, si prospettano svariate circostanze difficili da affrontare, a partire dalla Brexit, che sembra destinata a un ulteriore rinvio. La Camera dei Comuni ha approvato ieri la legge per impedire il No Deal, promossa dalle opposizioni e dai conservatori che si sono ribellati al premier antieuropeista Boris Johnson, per cercare di posticipare l’uscita del Regno Unito dall’UE qualora non si trovasse un accordo entro il 31 ottobre. La sterlina è così tornata a guadagnare terreno. Ma se da un lato l’Hard Brexit è stata scongiurata (per il momento), dall’altro è difficile capire cosa succederà ora, poiché non c’è più una maggioranza a causa dell’addio del deputato tory Phillip Lee, che nei giorni scorsi è passato ai liberal-democratici. E oltre 20 parlamentari conservatori sono stati espulsi dal partito dopo essere andati contro la linea di Johnson.

Le circostanze difficili non mancano nemmeno se guardiamo al rapporto tra Stati Uniti e Cina. Le trattative tra le due superpotenze sono caratterizzate dall’alternarsi di momenti di tensione e momenti di distensione. I mercati continuano a desiderare un accordo che non metta a rischio la crescita globale (attualmente minacciata anche dai contrasti tra Washington e Pechino), ma nel frattempo sono scattate le nuove tariffe commerciali. Negli States, infatti, dal primo settembre è entrata in vigore l’aliquota del 15% su 112 miliardi di dollari di beni made in China, come annunciato nella notte di venerdì 23 agosto, a mercati chiusi, dal presidente Donald Trump. Nella lista figurano anche beni di consumo, come le scarpe da jogging o gli articoli per la casa, fino ad alcuni prodotti tech. Dal 15 dicembre prossimo poi, salvo possibili ripensamenti, un’ulteriore aliquota del 15% verrà imposta su altri 160 miliardi di importazioni da Pechino, mentre da ottobre scatterà un aumento tariffario (dal 25% al 30%) sui 250 miliardi di dollari di prodotti cinesi già tassati.

Il Paese asiatico non vuole rimanere uno spettatore passivo, e così sono entrati in vigore dazi su 75 miliardi di prodotti a stelle e strisce, tra cui una tariffa aggiuntiva del 5% sui semi di soia e sul petrolio greggio importato dagli Stati Uniti. Inoltre, il 15 dicembre Pechino ripristinerà la tassa alla dogana del 25% sulle auto, che era stata precedentemente sospesa.