Il dio del fiume

«La natura umana è così contraddittoria che desideravo ciò che non avrei mai potuto avere e sognavo l’impossibile»

Citazione tratta da Il dio del fiume di Wilbur Smith

 

Il premier britannico, Boris Johnson, per troppo tempo ha desiderato ciò che non avrebbe mai potuto avere e sognato l’impossibile: una Brexit alle sue condizioni accettata passivamente dall’Europa. Certo, come scrive Wilbur Smith la natura umana è contraddittoria, ma quando sei alla guida di una nazione non vale come alibi per non aver evitato quello che, secondo molti esperti, è un disastro annunciato (il No Deal, che pare sempre più vicino). Infatti, la data limite per la Brexit è alle porte – 31 ottobre – e un accordo sembra ancora molto distante: secondo indiscrezioni, Angela Merkel avrebbe detto che se il premier britannico non cambia idea sulla questione cruciale dell’Irlanda del Nord (la cancelliera vorrebbe che rimanesse nell’unione doganale dell’Unione Europea) un’intesa è praticamente «impossibile». Nonostante ciò, il premier Johnson pare voler andare avanti sulla linea dura, senza chiedere un rinvio e portando il Regno Unito verso una Hard Brexit, l’ipotesi peggiore per i mercati.

Gli operatori sono preoccupati anche dai continui dati negativi che provengono dalla locomotiva d’Europa: sono calati ancora gli ordini all’industria della Germania. Secondo l’Ufficio Nazionale di Statistica Destatis, ad agosto il dato è sceso dello 0,6% rispetto a luglio. Un risultato peggiore delle aspettative degli analisti, che avevano previsto rallentamento più moderato dello 0,3%. Gli ordini, inoltre, calano anche su base annua (-6,7% dopo che a luglio si era registrato uno scivolamento pari a -5%). Ora le attenzioni dei mercati sono focalizzate sulla revisione del rating da parte di S&P, prevista per domani.

Dall’altra sponda dell’Oceano Atlantico ci sono novità dalla Federal Reserve. La banca centrale statunitense si prepara a intervenire per evitare il peggio, ossia una stretta creditizia che potrebbe portare di nuovo in recessione l’economia a stelle e strisce. Il presidente della Fed, Jerome Powell, durante un discorso alla National Association for Business Economics a Denver, ha detto che il momento di agire «è arrivato». L’istituto si prepara quindi a comprare titoli di Stato a breve per garantire adeguata liquidità al mercato monetario. Ma il banchiere ha precisato che «la crescita del bilancio per ragioni di gestione delle riserve non è in nessun modo da confondere» con il Quantitative Easing.

Nel frattempo, sono arrivati nuovi dati macroeconomici che evidenziano un calo del settore terziario americano. L’indice ISM dei servizi elaborato dall’Institute for Supply Management si è attestato, nel mese di settembre, a 52,6 punti dai 56,4 di agosto. Il risultato è inferiore anche rispetto alle stime che ipotizzavano una discesa più contenuta a 55 punti.

A sollevare l’umore degli operatori sono state le parole del presidente americano, Donald Trump, che si è detto ottimista su un accordo commerciale con Pechino. Parlando alla vigilia della ripresa dei colloqui di questi giorni ha infatti dichiarato: «Se potremo fare un accordo, faremo un accordo, ci sono grandi possibilità. A mio avviso la Cina vuole un accordo molto di più di quanto io non lo voglia». In particolare, oggi e domani sono previsti incontri a Washington, in cui saranno presenti il vicepremier cinese, Liu He, il rappresentante statunitense per il Commercio, Robert Lighthizer, e il segretario al Tesoro USA, Steven Mnuchin. Intanto il New York Times ha fatto sapere che l’amministrazione americana rilascerà presto licenze ad alcune aziende a stelle e strisce per tornare a fare affari con il colosso cinese Huawei, una mossa che potrebbe allentare significativamente le tensioni tra i due Paesi. Il rasserenarsi dei rapporti tra Washington e Pechino potrebbe inoltre rafforzare il cambio dollaro/yen. Forse sperare in un’intesa tra le due superpotenze non è un sogno così impossibile. Ma attenzione, perché in assenza di progressi, l’inquilino della Casa Bianca aumenterà i dazi al 30% su 250 miliardi di prodotti di importazione cinese.