Sulla fiaba

«Scrivere presuppone ogni volta la scelta d’un atteggiamento psicologico, d’un rapporto col mondo, d’un’impostazione di voce, d’un insieme omogeneo di mezzi linguistici e di dati dell’esperienza e di fantasmi dell’immaginazione, insomma di uno stile»

Citazione tratta da Sulla fiaba di Italo Calvino

 

Il Regno Unito ha scritto tre lettere all’Unione Europea. Ma nello scriverle ha disatteso i presupposti stilati da Italo Calvino, generando contraddizioni nella scelta dell’«atteggiamento psicologico» e del «rapporto col mondo» (in particolare con l’UE!). Nella prima lettera, non firmata dal premier Boris Johnson, si chiede il rinvio della Brexit, al massimo entro il 31 gennaio 2020. Nella seconda, questa volta siglata dall’ex sindaco di Londra, si afferma di non volere ritardare l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea (ovvero entro il 31 ottobre). Nella terza, scritta dall’ambasciatore britannico all’UE Tim Barrow, viene precisato che il rinvio è stato chiesto solo per rispettare la legge a seguito del voto del parlamento con il quale venivano bocciate le tempistiche auspicate da Johnson. In tutto questo marasma, c’è però una buona notizia per i mercati, ovvero che la tanto temuta Hard Brexit sembra scongiurata. Il Parlamento britannico, alla fine, ha votato a favore dell’accordo raggiunto dal premier la settimana scorsa con l’Unione Europea. La data sull’uscita effettiva del Regno Unito, tuttavia, rimane ancora un mistero.

I riflettori degli operatori sono accesi anche sulla BCE: Mario Draghi presiederà, nel corso della giornata, l’ultimo meeting dell’istituto in qualità di numero uno del board prima di passare il testimone a Christine Lagarde. A livello macro, sono stati pubblicati gli indici PMI dell’Eurozona: il manifatturiero preliminare di ottobre è rimasto a quota 45,7, al di sotto delle stime degli analisti a 46,1. Cresce il settore servizi, che ha mostrato un miglioramento da 51,6 a 51,8, ma anche in questo caso il risultato è inferiore alle attese (51,9). Il PMI composito, invece, è passato da 50,1 a 50,2, contro un pronostico pari a 50,3.

Preoccupazioni per i mercati arrivano dalla locomotiva d’Europa: l’economia tedesca potrebbe essersi contratta ancora nei tre mesi chiusi a settembre, aprendo la strada alla recessione tecnica. Ma la Bundesbank, nel suo rapporto mensile, scrive che una «recessione profonda è improbabile». La causa principale dei problemi è da ricercare nella continua contrazione del «settore orientato all’esportazione. Attualmente i primi indicatori forniscono pochi segnali di una ripresa sostenibile delle esportazioni e di una stabilizzazione». La banca teme inoltre ulteriori ripercussioni: «Ciò aumenta il rischio che il rallentamento si estenda in misura maggiore ai settori più orientati al mercato interno».

L’export, finora, è stato azzoppato soprattutto dalle tensioni commerciali internazionali, in particolare dalla disputa tra Stati Uniti e Cina. Gli investitori guardano con attenzione agli sviluppi, considerati positivi. Il presidente USA, Donald Trump, nei giorni scorsi ha detto che Washington e Pechino stanno facendo passi in avanti sull’intesa, mentre il rappresentante americano del commercio, Robert Lighthizer, ha aggiunto che la prima fase dell’accordo dovrebbe essere finalizzata prima dell’incontro Apec (Asia-Pacific Economic Cooperation) in Cile, previsto per il prossimo 16 e 17 novembre. Dichiarazioni che si sommano a quelle rilasciate dal vice ministro degli Esteri cinese, Le Yucheng, il quale ha detto che «qualsiasi problema potrà essere risolto purché entrambe le parti si rispettino». Nel fine settimana, inoltre, il vice premier del gigante orientale, Liu He, aveva affermato che le parti hanno fatto «sostanziali progressi in molti aspetti e hanno gettato delle basi importanti per un accordo di prima fase». I mercati sperano che sia Stati Uniti che Cina abbiano scelto quale «rapporto col mondo» – per   dirla con Calvino – avere. Un mondo, possibilmente, che ha deciso di archiviare il protezionismo in favore di accordi commerciali equi.

Dal Giappone, intanto, arrivano nuovi dati macro: l’indice PMI del settore manifatturiero è calato a settembre a 48,5 da 48,9 di agosto (il livello più basso da giugno 2016). I nuovi ordini hanno registrato il minimo da dicembre 2012. Anche l’indice PMI del settore dei servizi è sceso a 50,3 da 52,8, mentre il composito a 49,8 da 51,5. Bisogna qui sottolineare che una lettura superiore a 50 indica l’espansione dell’attività del settore, mentre una inferiore segnala una contrazione.